Il lago di Montorfano, nei periodi freddi, gela facilmente in superficie. Anni addietro, quando gli inverni erano più rigidi, lo spessore della lastra di ghiaccio che si formava era molto consistente e poteva raggiungere anche i 50-60 centimetri. Questo ha costituito un’importante fonte di lavoro per la gente del posto: la superficie ghiacciata veniva tagliata con la scure in pesanti lastre, che venivano spinte a riva e frantumate in pezzi più piccoli, i quali erano poi depositati in apposite costruzioni dette ghiacciaie, nel dialetto locale “giazere”.
Le ghiacciaie sorgevano nelle immediate vicinanze delle rive; erano costruzioni in pietra locale, generalmente a forma circolare, in parte interrate, con una porta di ingresso e un’apertura sulla sommità da cui si introduceva il ghiaccio. Le pareti venivano isolate con pula di riso.
La ghiacciaia più antica, detta “Giazerùn”, di notevoli dimensioni (circa 9 metri di diametro e 5 metri di altezza), è ubicata lungo il sentiero che costeggia il lago, a sud-ovest della cascina Incastro (ora Tenuta Sant’Andrea); altre tre, costruite tra il 700 e l’800, sorgevano nella zona del Lido. Ora se ne possono vedere solo i resti; nessuna traccia è visibile del sistema di copertura.
Agli inizi del Novecento il conte Giovanni Barbavara fece costruire una grande ghiacciaia rettangolare a due camere all’imbocco della strada che porta al Lido, dotandola di mezzi meccanici per il trasporto delle lastre dal lago e per il suo immagazzinamento: trasformò cosi la lavorazione del ghiaccio in una vera e propria industria.
Il ghiaccio veniva insaccato nelle ore più fresche di prima mattina, caricato sui carri e trasportato, secondo le richieste, nelle varie località vicine, tra cui Como, Cernobbio – Villa d’Este e perfino in alcuni paesi della Svizzera, dove veniva usato per la conservazione degli alimenti deperibili. Il commercio del ghiaccio durò fino ai primi anni Cinquanta, con la diffusione prima del ghiaccio artificiale, poi dei frigoriferi.
Dove: Montorfano, lungo il sentiero che costeggia il lago
Silvia Fasana